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mercoledì 12 giugno 2013

#3 Le Boudoir: intervista ad Amanda Perera, fotografa

Intervista ad Amanda Perera, 24 anni, fotografa


Una vita divisa tra Milano, Londra e Colombo per una professionista che fa della realtà la sua musa ispiratrice, così come tanti prima di lei. Dei suoi lavori ci colpisce il dettaglio: sono foto che vanno osservate a fondo, in bianco e nero. Non c'è lo schiaffo del colore, che potrebbe distogliere dal messaggio che la fotografa vuole svelarci. Ma da dove viene una consapevolezza così cosciente di quello che si è immortalato? Leggiamolo insieme.
Ciao Amanda, benvenuta nel mio piccolo coin e grazie per aver accettato di partecipare all’intervista. Sappiamo che ci rispondi dall'altra parte del globo e che sei impegnata con i tuoi progetti quindi grazie anche per la pazienza. Siamo alla terza intervista della rubrica chiamata “Le Boudoir” di Born to be Wilde: come vedi, ci piacciono gli inizi col botto. Cominciamo subito!


1.       Quando hai capito che la fotografia sarebbe stata parte integrante della tua vita? C’è un episodio in particolare che ti ha spinto a diventare fotografa?
 Sono sempre stata appassionata di fotografia ma non ne ero consapevole fino alla fine del liceo. Era un periodo un po’ confuso non sapevo cosa fare e dove. I miei genitori volevano che studiassi a Londra e un giorno andai vagabondando per Milano e mi chiesi cosa mi piacesse e la prima cosa che mi venne in mente era la fotografia. Da li in poi è stato amore.

2.       Raccontaci il tuo percorso formativo: sappiamo che sei stata a Londra. Che aria si respira lì per gli aspiranti fotografi?
 Ho studiato fotografia di moda alla London College of Fashion.  Con Londra ho un rapporto di amore e odio. Londra è intensa, caotica, in continuo movimento e cambiamento, gente che va gente che viene, e a volte è troppo da sopportare. Nel campo della fotografia la competizione è alta. Ricordo che ovunque andassi incontravo almeno due e tre aspiranti fotografi, questo da un lato mi spaventava a morte e pensavo "non c’è spazio per tutti" ma dall’altro incontravo gente con la mia stessa passione con cui scambiare idee, opinioni e con cui confrontarmi. 

3.       Perché al giorno d’oggi è così difficile affermarsi dal punto di vista professionale in quest’arte? Che soluzioni proporresti per migliorare la situazione?
 Prima di tutto il ruolo del fotografo è spesso idealizzato in modo erroneo: fama, soldi, modelle da urlo, vita da lusso, posti da perdere il fiato e poco impegno. Ma solo l’1 % fa questa vita. Penso che il numero di aspiranti fotografi di moda aumenti e dovuto al fatto che molti sono attratti da questo stile di vita più che la passione per la fotografia. Poi non è da sottovalutare che con la fotografia digitale produrre foto accettabile è più semplice, veloce e meno costoso quindi più gente si lancia nel mondo della fotografia.

4.       Qual è il servizio fotografico o la fotografia che ti è rimasta nel cuore? Ce la mostri?
 Il progetto che ancora oggi penso sia quello che rispecchi di più il mio stile e il mio approccio fotografico è un progetto intitolato ‘Irreversible’ . E’ una serie di immagine che racconta la storia di un fratello e una sorella che vivono in Italia e sono originari dello Sri Lanka.

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